mercoledì 12 maggio 2010

Urban rain

8 commenti:

  1. Sono proprio contenta che tu abbia riaperto questo blog. Mi piacciono davvero tanto le tue foto. Sei molto bravo anche in questo.

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  2. Grazie Chiara. E' un bellissimo complimento. Anche qui purtroppo non ho molto tempo per dedicarmi a questa passione.
    Grazie e ciao

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  3. Ci vedo tutto il tuo sentire in questa tua foto. Molto bella.
    Questa si che è intelligenza e non ruffianeria.
    Doriana

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  4. Grazie Doriana. E' un bel complimento.
    In effetti mi piace fotografare per carpire quell'attimo che permetta una riflessione.
    Una riflessione su quello che ci circonda spogliata dalle smancerie del complimento fine a se stesso.
    Vedo anche io molta ruffianeria nell'arte.
    Beh la mia non è arte, io fotografo per passione pur sapendo di non essere il massimo:)))

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  5. ben tornato, pazzo di un filosofo fotografo e cuoco!
    Quest'immagine è talmente vera che mi sembra di sentire gli abiti bagnati di quel bimbo. Avrei voglia di proteggerlo, almeno solo con un ombrello! Lori, hai colto un momento di vita veramente reale, dove il colore non serve!
    Un bacio.
    elisena

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  6. Ciao Eli. La mia passione è sempre stato il bianco e nero. L'ho sempre trovato affascinante.
    Quando sviluppavo e stampavo era sembre in B/N.
    Soco contento che tu abbia avuto quelle sensazioni, la fotografia è anche questo.
    Grazie del commento Eli
    Lorenzo9

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  7. E' sorprendente, Lorenzo, come una sola immagine possa contenere il racconto di una o più storie.
    La foto è bellissima e molto eloquente, dove ci vedo l'intreccio di due storie: quella della città e quella del ragazzo.
    Le due storie unite nella stessa malinconia piovosa che tu hai tradotto in un morbido bianco e nero, che rende tutto più evidente, reale.
    Gli arredi urbani, come la catena in primo piano e la colonna alle spalle del ragazzo, assurgono a simboli forti di una realtà dura e contraddittoria.
    Il ragazzo è accoccolato su un marciapiede bagnato, dove spunta rigoglioso il ciuffo di una pianta, quasi un retaggio ancestrale di quella che una volta era la città stessa.
    La pianta, memoria superstite di un'antica civiltà (quella della città) ma anche del passato recente del ragazzo (i suoi luoghi d'origine) e l'immagine laterale di una macchina parcheggiata, rifugio proibito, inaccessibile al ragazzo.
    E' una storia di pioggia e di emarginazione.
    Di freddezza urbana.
    Di solitudine materiale e spirituale.
    Questa foto, Lorenzo, mi ha fatto ricordare FURORE di J. Steinbeck:
    « E gli occhi dei poveri riflettono, con la tristezza della sconfitta, un crescente furore. Nei cuori degli umili maturano i frutti del furore e s'avvicina l'epoca della vendemmia. »
    La potenza di questa immagine, Lò, rievoca un tempo ed una storia, ma ne potrebbe facilmente raccontare molte altre.
    Un bacio
    Marilena

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  8. Fotografare significa, per me, catturare un momento, per poi rifletterci sopra. Ci si sofferma a guardare quello che sarebbe impossibile vedere con i ritmi di tutti i giorni o della vita stessa.
    Sta poi nella sensibilità di chi fotografa dare un taglio particolare, in ogni caso l'occhio del fotografo è ben presente e anche il suo stato d'animo. Io così l'ho sempre intesa la fotografia e tu ne hai ben colto tutti gli aspetti, penetrando anche nella mia mente.
    Le immagini raccontano storie, sempre Marilena.
    Raccontano le storie dei soggetti, ma anche la storia di chi scatta la foto. Perchè il mio occhio poteva guardare da un'altra parte, ma la mia mente era attratta da quel ragazzo.
    " Ogni opera d'arte è sempre una confessione" ha scritto Umberto Eco, nulla di più vero.
    Ti ringrazio davvero di questo tuo commento, molto apprezzato e tanto desiderato qui in questo blog. E' sempre un bel regalo guardare in due nella stessa direzione.
    Grazie
    Lorenzo

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