venerdì 29 gennaio 2016

Qualcosa in più sui Gay Pride



Desidero postare questo bel intervento di un mio amico su Facebook riguardante i Gay Pride. Egli qui spiega il perchè di queste manfestazioni a del fatto che siano così folkloristiche.
Troppo spesso pensiamo ( mi ci metto anch'io) che non sia il caso di far emergere l'orgoglio gay in questo modo, che simili atteggiamenti non hanno nulla a che fare con la sessualità e via di seguito.
Ma leggendo questo che seguirà ci aprirà gli occhi, e non poco.

Lorenzo


"La notte fra il 27 e il 28 giugno del 1969 a New York, come ogni notte un nutrito gruppo di avventori era all'interno dello Stonewall Inn, noto bar per gay, lesbiche e transessuali a Christopher Street, nel Greenwich Village. Il locale, come molti altri in quell'epoca, era gestito dalla mafia e solo grazie a questo poteva continuare a lavorare in una città in cui l'omosessualità non era minimamente tollerata ed anzi esistevano leggi che ai gay vietavano persino di baciarsi in pubblico, di passeggiare mano nella mano, di vestirsi in maniera dissimile dal proprio genere anagrafico. Logicamente le più vessate erano le trans, ma anche tutte le lesbiche butch con abbigliamento maschile ed i gay effeminati. Vi era finanche il divieto di servire loro da bere. 
Due fatti erano avvenuti nei giorni precedenti: un cambio al vertice nella polizia locale, con la conseguente trattativa per la ridefinizione delle "sovvenzioni" con cui le "famiglie" della città li finanziavano, e la morte di Judy Garland, moglie di Vincent Minnelli e madre di Liza, che era una vera e propria icona del mondo gay di allora (un po' come Mina e la Carrà da noi), scomparsa che aveva gettato in stato di prostrazione migliaia di persone. 
Quella notte, verso l'1.20, ci fu l'ennesimo controllo da parte della polizia: le luci del locale si accesero e cominciarono a lampeggiare poco prima che otto agenti entrassero in massa, al fine di avvertire la clientela e dar loro il tempo di darsi una sistemata. 
Evidentemente il preavviso fu molto breve, in molti non riuscirono a cambiarsi ed i poliziotti, una volta entrati, poterono agire a loro piacimento infierendo ferocemente contro gay, lesbiche e trans. 
Tutti coloro che erano vestiti in maniera non consona vennero fermati, quindi arrestati e caricati su un cellulare che era fuori ad aspettarli, insieme ad altre due macchine. Modi bruschi, offese, violenze, come al solito nulla era risparmiato a gente che stava semplicemente in un bar, fra simili, senza far niente di male. Ma gli animi erano esacerbati. Era tanto che andava avanti così ed in più il funerale della grande interprete di "È nata una stella (1954), tenuto proprio quel giorno, aveva caricato tutti di un gran dolore. Questi due fattori insieme evidentemente finirono per diventare il detonatore di una rabbia cupa, che esplose proprio quella notte. Una trans di origini portoricane, Sylvia Rivera, che di lì a qualche giorno avrebbe compiuto 18 anni, innescò la rivolta. 
Quando un agente si avvicinò per arrestarla colpendola con un manganello, prese una bottiglia dal bancone e gliela ruppe in testa. Fu quella la scintilla che fece esplodere la rabbia nel bar e tutti, gay ben vestiti, travestiti, lesbiche e trans, per la prima volta uniti in un unico afflato di ribellione ed orgoglio, si scagliarono contro i poliziotti che a quel punto scapparono verso le macchine a chiedere rinforzi. Ma non bastava, uscirono tutti fuori dal bar a liberare chi già era nel cellulare e con i parchimetri presero di mira le macchine ed i poliziotti che erano lì, disarmandoli. Questi riuscirono a malapena a rifugiarsi nel bar e chiudersi dentro barricando la porta. La scena fu vista anche da tutti coloro che erano negli altri locali gay della strada (Christopher Street è ancora oggi la gay street newyorkese), e la rivolta esplose in tutta la zona. Arrivarono i rinforzi, altre macchine della polizia, ma vennero fatte barricate con le auto distrutte in precedenza, con il cellulare rivoltato, ed ai nuovi arrivati venne lanciato di tutto. Per la prima volta i gay, le lesbiche ed i trans non si vergognavano di ciò che erano e tiravano su la testa con un moto di orgoglio. 
Quattrocento uomini di polizia e forze speciali non riuscirono a bloccare più di duemila persone che nel frattempo avevano ingrossato le fila della protesta, capeggiata da uno schieramento di drag queen che cantavano slogan gioiosi, inneggiando al "gay power" come avevano insegnato i moti di liberazione dei neri (black power), e le manifestazioni dell'anno prima degli hippy (love power), nonché tutte le proteste dei pacifisti per il Vietnam. 
Dall'alto, dalle case del Village, agli agenti arrivava di tutto, e questi non poterono opporvisi in nessun modo. 
Ma non finì quella notte. Gli scontri andarono avanti per giorni ed anzi ogni sera le manifestazioni in piazza diventavano sempre più partecipate. 
La tregua alla fine venne sancita con il sindaco della città, e vennero stabilite nuove regole per il comportamento degli agenti e abrogate alcune leggi discriminatorie. Nacque a quel punto il movimento di liberazione gay. Per la fine di luglio a New York si formò il Gay Liberation Front (GLF), e per la fine dell'anno il GLF comparve in città e università di tutti gli Stati Uniti. Organizzazioni simili vennero presto create in tutto il mondo: Canada, Francia, Regno Unito, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Australia e Nuova Zelanda. In Italia dovemmo attendere anni per vedere qualcosa di simile. 
L'anno seguente, il 1970, in commemorazione dei moti di Stonewall, il GLF organizzò una marcia dal Greenwich Village a Central Park. Diecimila fra uomini e donne vi presero parte. Da allora, il 28 giugno è considerato il giorno dell'orgoglio LGBT, nacque la bandiera rainbow ed in tutte le principali città del mondo si cominciò a sfilare per i nostri diritti, orgogliosamente visibili dopo secoli passati a nascondersi, tutti insieme, gay, lesbiche e trans, ognuno ostentando le proprie peculiarità, facendosi vedere, con orgogliosa provocazione, per dire IO ESISTO E SONO ORGOGLIOSO DI CIÒ CHE SONO. Non chiediamo più rispetto ma lo pretendiamo, tutti ed in ugual misura, anche le trans e le drag queen, con il loro gioioso carnevale e le tette di fuori, almeno per una volta all'anno. E badate bene, anche voi gay oramai conformizzati, che queste persone sono degne del massimo rispetto, perché è solo grazie al loro coraggio, a persone come Sylvia Rivera, che tutto è iniziato. 
Quando avremo ottenuto tutti i diritti che ci spettano, quando saranno finite le discriminazioni, quando essere omosessuali sarà come essere mancini, probabilmente non ci sarà più bisogno di festeggiare il Gay Pride come invece è necessario ancora oggi, specialmente in Italia, paese in cui impera l'ipocrisia di gente che organizza Family Day per negare diritti. A quel punto io ed altri come me che hanno dedicato i migliori anni della propria vita a queste battaglie, potremo andare nel dimenticatoio ed essere considerati dai gay moderni come i neri di oggi considerano lo Zio Tom.
Ma quello sarà comunque un gran giorno"

L.A.

sabato 3 ottobre 2015

Globalizzazione





La globalizzazione degli scambi pone fine alla universalità dei valori. E' il trionfo del pensiero unico, la morte dell'individualità e delle differenze.
Sta letteralmente scomparendo l'universalità di un pensiero forte come libertà, mentre ci si sente più protetti se inseriti in una globalità di intenti. Si preferisce conoscere quello che mangia un cittadino qualsiasi negli USA, per poi lasciare " ad altri" il tradurre sentimenti del nostro sentire; anzi tendiamo a soffocarli, a nasconderli.
L'universale viene globalizzato, unificato e " purificato" della sua essenza trasversale, per creare una fittizia diversità basata sulla apparenza, sconfinando così nel razzismo più bieco.
La democrazia, i diritti dell'uomo, i bisogni primari, i valori universali sono oggetti di scambio, equiparati a qualsiasi  merce o bene, circolando come circolano i barili di petrolio.

Lorenzo

mercoledì 22 luglio 2015

Enki Bilal

Disegni come un giorno senza sole o, se si vuole, un crepuscolo senza i naturali colori del cielo:
questa è la magnifica luce presente nelle tavole di Enki Bilal, uno dei miei disegnatori preferiti.
Le figure umane boccheggiano come pesci fuori dall'acqua
le azioni compiute sono più da macchina che non da persona.
Si può sentire il fetore di un post moderno 
 mondo possibile
un fine millennio a misura d'uomo dove egli lotta per sopravvivere senza
una speranza di riscatto

Lorenzo